“…Krylov truly bewitched the whole theater with his technical background as an excellent violinist, which maintains elegance even in the excited and almost licentious dialogues with the bell.
…Sergej Krylov is one of those all-round artists who always guarantee excellent technical performance but, above all, he has personality and charisma that ignite the spark of empathy with the spectators.
…Krylov the conductor maintains the same characteristics as the soloist. He throws himself headlong into the music without hesitation, he clings to the notes making them his own, creating his own interpretation and at the same time maintaining respect for the author.
…A well-deserved personal triumph for Sergej Krylov, repeatedly called back on stage and receiving the ovation when leaving the theatre.
…After the sold out first concert, the second performance of the Verdi autumn season in Trieste was sold out too.”
Dopo il sold out del primo concerto , anche il secondo appuntamento della stagione autunnale del Verdi di Trieste è andato esaurito: è un ottimo risultato che, almeno dal mio punto di vista, va al di là di ogni previsione più rosea. La cultura sconfigge la paura del Covid-19? Forse è ancora presto per dirlo, ma il pubblico triestino sta rispondendo come meglio non potrebbe.
Sergej Krylov è uno di quegli artisti a tutto tondo che garantiscono sempre un rendimento tecnico di eccellente livello ma, soprattutto, ha personalità e carisma che fanno scoccare la scintilla dell’empatia con gli spettatori. Oggi c’è bisogno anche di questa caratteristica, oltre che delle doti tecniche, e perciò l’idea di affidargli in toto la responsabilità della serata è risultata vincente.
Il Krylov direttore d’orchestra mantiene le stesse caratteristiche del solista. Si lancia a corpo morto sulla musica senza remore, si avvinghia alle note facendole sue, creando una propria interpretazione e al contempo mantenendo rispetto per l’autore.
In questo modo la musica esce bella grassa, palpitante e carica di tensione emotiva ma sempre entro i binari di una scansione ritmica controllata e di agogiche e dinamiche disciplinate. Con queste premesse l’iniziale pagina di Čajkovskij (Romeo e Giulietta, Ouverture-Fantasia in si minore) ha subito coinvolto il pubblico grazie ai vividissimi colori contrastanti che percorrono la tragica storia degli innamorati shakespeariani.
A seguire il notissimo (e meraviglioso) Concerto in mi minore per violino e orchestra op.64 di Mendelssohn, che è sembrato quasi un proseguimento ideale, una seconda tappa nel viaggio della musica romantica dell’Ottocento. Scritto quasi “in collaborazione” con il violinista Ferdinand David, il brano ha caratteristiche ideali per esaltare le migliori doti di Krylov: passionalità e virtuosismo.
La Sinfonia da La gazza ladra di Rossini, il cui andamento tumultuoso e al contempo umoristico servì a Stanley Kubrick per fare da contraltare alla folle violenza di Alex e i suoi drughi nel memorabile film Arancia meccanica, ha poi introdotto il Rondò La campanella dal Terzo concerto in si minore di Niccolò Paganini.
E qui, come era lecito aspettarsi, Krylov ha davvero stregato tutto il teatro con il suo bagaglio tecnico di violinista eccelso, che mantiene eleganza anche nei concitati e quasi licenziosi dialoghi con il campanello.
Resta da dire dell’Orchestra del Verdi, che ha manifestato evidente gradimento a Sergej Krylov ma, soprattutto, ha suonato mirabilmente bene in tutte le sezioni. Senza far torto a nessuno vorrei però segnalare il brillante rendimento dei legni e delle percussioni.
Trionfo personale, meritatissimo, per Sergej Krylov, più volte chiamato al proscenio e acclamato anche all’uscita del teatro. Quasi indispensabili due bis, in veste di direttore d’orchestra, dedicati a Mozart e Mendelssohn.